giovedì 24 luglio 2008

La figura del Gestalt Counselor



La professione del Counseling, pur se ancora poco conosciuta, si sta rapidamente diffondendo anche nel nostro Paese. Esiste una piccola diatriba tra i counselor di formazione universitaria in psicologia e i counselor provenienti da una formazione universitaria differente. I primi ritengono di poter essere counselor con le sole competenze derivanti dalla loro formazione in psicologia, gli altri specificano che sono due professionalità distinte e ben definite che hanno simili metodologie ma diversi obiettivi. In questo articolo si va ad analizzare la percezione, la formazione, la modalità e la metodologia della professione del counselor.


Il Counseling è in crescente espansione anche in Italia ma, ancora oggi, la percezione che si ha di questa professione è alquanto confusa e viene spesso sovrapposta alla figura dello psicologo. Troviamo riscontri differenti sulla percezione del counseling anche tra gli stessi counselor a seconda che questi abbiano o meno una formazione di origine in psicologia. In generale la formazione del counselor avviene attraverso la frequentazione di una specifica scuola che abbia una durata di 3 anni e di 450 ore. Il programma da seguire deve essere suddiviso in parti teoriche, pratiche, di tirocinio, e di supervisione.


Il counselor psicologo tende a sostenere che la sua formazione universitaria sia sufficientemente completa per potergli dare le competenze ed esercitare la professione del counseling. Al massimo può apprendere una metodologia particolare in un'apposita scuola. Molti auspicano che la professione di counselor venga riservata esclusivamente allo psicologo. I counselor non provenienti da una laurea in psicologia tendono, invece, a specificare che il ruolo del counselor, a differenza di quello dello psicologo, non mira a ridurre la relazione di aiuto nella sequenza diagnosi-terapia-guarigione ma piuttosto accompagna il cliente, offrendo lui degli strumenti professionali adeguati, nel suo cammino verso una maggiore consapevolezza e verso una soluzione al problema. Quella del counselor, è una professione ben definita che fa riferimento a metodologie, ricerche e teorie ben precise; ancora molto giovane nel nostro paese ma in forte via di sviluppo.


Per aiutare ad avere delle informazioni che possano rendere più chiara la percezione di questa nuova figura professionale, mi permetto di spendere qualche pagina cercando di spiegare come e dove nasce il counseling, qual è la sua idea e la sua modalità di intervento, dando particolare risalto alla metodologia della Gestalt.
Il counseling nasce nel vortice delle nuove correnti di psicologia umanistica e lavora all'interno della relazione umana che si stabilisce tra il cliente e il counselor, usando la relazione stessa come mezzo terapeutico; per questo motivo il counseling viene altrimenti definito "relazione di aiuto".


Il counseling lavora alla costruzione di alternativi schemi di pensiero all'interno della relazione umana e fornendo al cliente mezzi e risorse per trovare numerose possibilità di soluzione ai problemi, mira a far leva sulle sue risorse interiori per affrontare "una difficoltà circoscritta della sua esistenza" trovando insieme il modo di superarla. "Una difficoltà circoscritta della sua esistenza" sta ad indicare che il counseling si occupa di problematiche che rimangono entro la sfera della normalità e non di disturbi psicopatologici. Il counseling lavora in direzione del raggiungimento dell'obiettivo stabilito assieme al cliente senza andare a cercare le diverse strutture e sovrastrutture della personalità.


La Gestalt è una metodologia che nasce nel 1947 per voce di F. S. Perls e lavora sul funzionamento omeostatico dell'essere umano in relazione ai bisogni biologici, sociali ed emotivi. Quando un bisogno viene soddisfatto, subito ne nasce un altro in cerca di appagamento. Nel momento in cui questo ciclo viene ad interrompersi nascono delle problematiche.

Perls, considerato il padre fondatore della metodologia gestaltica, parte dal presupposto che il disagio esposto dal cliente in sede di relazione di aiuto, rappresenta il segno di una difficoltà del vivere una specificità, propria dell'essere umano. L'uomo è costantemente spinto in una tensione dialettica che risponde a diversi bisogni: biologici, psicologici e sociali. Perls apprende da Goldstein i fondamenti dell'integrità organismica del comportamento individuale e del suo impulso verso l'auto-realizzazione, indipendentemente da quanto l'organismo possa sembrare danneggiato.


L'attività principale dell'uomo risponde al bisogno di dare una concretezza alle proprie percezioni, alle proprie esperienze e alla propria esistenza. L'essere umano, come qualsiasi organismo, si muove costantemente all'interno di una tensione per un equilibrio omeostatico: un'intera vita caratterizzata dal riequilibramento dello squilibrio. La difficoltà dell'organismo, quindi dell'uomo, sta nel sapersi autoregolare costantemente a fronte di sempre nuovi squilibri e stimoli sconosciuti. L'autoregolazione avviene attraverso un meccanismo omeostatico denominato di figura-sfondo, meccanismo nel quale continuamente emerge in figura una necessità che mette il resto sullo sfondo, trova la soluzione e porta in figura altre necessità da affrontare.


Ripercorrendo il ciclo di vita gestaltico del bisogno emerso è possibile mettere in luce il punto di rottura sul quale intervenire. Il ciclo di vita gestaltico si muove all'interno di due polarità che sono quelle che permettono il meccanismo di figura-sfondo e quindi di autoregolazione dell'omeostasi: il contatto e il ritiro. Il contatto è il momento in cui si prende effettivamente coscienza della propria esigenza, da là si parte per giungere ad un superamento della stessa e tornare al punto zero, ovvero al vuoto gestaltico, momento di attesa dell'emergere in figura di una nuova necessità: il ritiro, momento in cui si è disponibili verso il cambiamento.


La polarizzazione contatto pieno/vuoto non va considerata negativa o positiva, il metodo gestaltico vuole valutare e non giudicare, la dicotomia è necessaria al fine dell'esistenza: che cos'è il buio? Per descriverlo dobbiamo passare attraverso l'esperienza del giorno, due facce della stessa medaglia, se non conosci l'una non puoi comprendere l'altra. La capacità di valutare senza giudicare passa, necessariamente, per l'accettazione della presenza di molteplici Io nella personalità di ciascuno di noi. Riconoscere i diversi Io che ci accompagnano, significa avere a disposizione diverse risorse per fronteggiare gli ostacoli che quotidianamente incontriamo nel nostro percorso di vita.


Gli stereotipi sociali sono spesso la causa primaria del nostro passaggio al patologico. La forte esigenza della società di avere dei cittadini-sudditi che si rispecchino in essa, soddisfacendo le sue aspettative invece che le proprie, crea i disturbi di personalità in quanto non più riconosciuta e creativa ma reattiva alle esigenze esterne. La gestalt propone di lavorare al fine di evitare la massificazione degli individui e concorrere piuttosto ad una integrazione delle parti. Per raggiungere questa integrazione occorre una maturazione dell'individuo che passa necessariamente dallo sviluppo e dall'affinamento della consapevolezza, delle proprie emozioni, pensieri, sensazioni, desideri dal confronto con l'ambiente circostante.


L'altro fronte su cui lavora la metodologia gestaltica è il qui-ed-ora, ovvero il mettere costantemente l'accento sul presente, fatto di ricordi passati e di speranze future ma pur sempre presente. A questo fine i disagi, o problemi, che il cliente presenta nell'incontro di counseling, pur se provenienti da traumi passati, vengono presi in considerazione solo rispetto al loro interferire con la situazione presente del cliente. Durante il counseling, dunque, al cliente viene richiesto di prestare attenzione e prendere consapevolezza di se stesso (gesti, emozioni, reazioni, pensieri etc...) nel qui-ed-ora.

Questo abitare il presente permette al cliente di allontanarsi dalle idealizzazioni, rimuginazioni e ossessività del passato, permettendo al counselor di lavorare sulle reali possibilità presenti del cliente, di mettere a fuoco la problematica e di portare in luce le personali risorse del cliente. La dietrologia, ovvero la ricerca nel passato di un perché, di qualcosa o di un qualcuno da accusare e responsabilizzare, sono considerate attività inutili alla fine del cambiamento.


Il percorso passa attraverso la consapevolezza di sé, l'accettazione dei pregi e difetti che ci appartengono e il riconoscimento di noi stessi per quello che siamo, esulando dalla mitizzazione dei vari Io che la società ci prospetta e che vorrebbe scegliessimo e aderissimo identificandoci nelle aspettative sociali piuttosto che rispondendo a noi stessi: il marito perfetto, la moglie ideale, lo studente modello, lo zio che tutti vorrebbero etc...

Maschere che ci impediscono di affrontare il rischio di essere noi stessi. Il rischio è quello dell'insuccesso e dell'infelicità; per proteggersi da questi dolorosi inconvenienti, c'è una forte tendenza umana al non prendersi la responsabilità della propria vita e, quindi, ad allontanarsi da se stessi, dalle proprie emozioni, dai propri desideri con la terribile aspettativa che chi ci circonda sia pronto a condividere questa passione verso la massificazione.


Il counselor lavora all'interno della relazione umana che si stabilisce tra lui e il cliente utilizzando la relazione stessa come mezzo di crescita, la stessa viene vista come possibilità per il cliente di superare le proprie dinamiche, affinché la relazione sia realmente una possibilità per il cliente, il counselor deve viverla onestamente condividendo anche il proprio esserci.


La Figura del Gestalt Counselor Metodologia e Professionalità al Servizio della Relazione Umana. Firenze: PsicoLAB

lunedì 30 giugno 2008

Scenografia del corpo

Seminario esperienziale e formativo di Gestalt counselling

condotto da Carlangelo Furletti

18, 19 e 20 Luglio 2008 a Rimini.


Nel corpo possiamo riconoscere la rappresentazione dei nostri conflitti.


Così il nostro modo di muoverci, di camminare, i nostri gesti, sono la scenografia del nostro dramma esistenziale: come lo viviamo e quanto permettiamo all'altro di entrarci.


Puntiamo i riflettori sulla scena della nostra espressione corporea ed artistica: il seminario propone un itinerario di conoscenza dei vissuti emozionali che abitano il nostro corpo, gli impedimenti che ne limitano l’espressione e così la nostra possibilità di coinvolgerci nella relazione.
.
.

domenica 8 giugno 2008

Frederick S. Perls

"Il nostro potenziale si basa su un atteggiamento particolarissimo: vivere e riconsiderare ogni istante come un istante a sé.
Il guaio di chi è capace di riconsiderare ogni istante la situazione e di capire come è, è che in questo caso la persona non è più prevedibile."


"Quanto più forte è il carattere di una persona tanto minore è il suo potenziale.
Potrebbe sembrare un paradosso, ma chi ha un carattere è prevedibile, è una persona che ha a disposizione soltanto un certo numero di risposte prefissate."


"La persona che ha la mania del controllo è la prima a perdere la propria libertà."


"Non possiamo indurre deliberatamente il cambiamento, né in noi stessi, né negli altri. Questo è un punto decisivo: sono molti quelli che dedicano la propria esistenza a realizzare una loro concezione di come 'dovrebbero' essere, invece di realizzare se stessi."


"Non c'è bisogno di scavare: è tutto lì."


"Personalmente distinguo tre classi di escrementi verbali: la cacca di pollo, cioè 'buon giorno', come sta?' e via dicendo; la cacca di mucca, cioè i 'perché', le razionalizzazioni, le scuse; e la cacca di elefante, cioè quando si parla di filosofia, della terapia gestaltica come filosofia esistenziale ecc... quel che sto facendo io adesso, insomma."


"Il fine della terapia consiste nel far sì che il paziente NON dipenda dagli altri e scopra fin dal primissimo momento che può fare molte cose, MOLTE più cose di quelle che crede di poter fare."


"Salvo rarissime eccezioni, non si va in terapia per farsi curare, ma per perfezionare la propria nevrosi."


"Il nevrotico è una persona che non vede l'ovvio."


"'Perché' e 'siccome' in terapia gestaltica sono parolacce. Il 'perché' porta nel migliore dei casi a una spiegazione astuta e mai alla comprensione.
Il 'perché' frutta soltanto indagini senza fine sulla causa della causa della causa della causa della causa della causa."


"Dobbiamo sempre prendere in considerazione il segmento di mondo in cui viviamo come parte di noi stessi.
Ovunque andiamo ci portiamo dietro una specie di mondo."


.

Frasi tratte da La terapia gestaltica parola per parola, 1969



mercoledì 21 maggio 2008

Costellazioni familiari e demenze senili

Intervento di Barbara Navala Jansch, naturopata e fondatrice dell'Istituto Bert Hellinger di Bologna, alle serate su Alzheimer e demenze senili del 21 e 28 febbraio a Rimini. III track

Costellazioni familiari e demenze senili

Intervento di Barbara Navala Jansch, naturopata e fondatrice dell'Istituto Bert Hellinger di Bologna, alle serate su Alzheimer e demenze senili del 21 e 28 febbraio a Rimini. II Track

martedì 20 maggio 2008

Costellazioni familiari e demenze senili

Intervento di Barbara Navala Jansch, naturopata e fondatrice dell'Istituto Bert Hellinger di Bologna, alle serate su Alzheimer e demenze senili del 21 e 28 febbraio a Rimini.

mercoledì 23 aprile 2008

Seminario di Costellazioni familiari a Rimini: 31 Maggio – 2 Giugno 2008



L’associazione Gestalt Rimini presenta il Seminario di Costellazioni familiari guidato da Barbara Navala Jansch.
Il seminario avrà luogo a Torriana, presso la Sala Polivalente della Comunità montana.
L’ospitalità sarà a cura dell’azienda agrituristica Pomo Reale.
Inizio lavori sabato 31 maggio ore 15.00, termine
lunedì 2 Giugno ore 16.00.
Prenotazioni e informazioni mailto: info@gestaltrimini.org


Le Costellazioni familiari

Consentono di scoprire e sciogliere irretimenti familiari che si trasmettono di generazione in generazione e che sono causa di malattie, disturbi psichici e fisici.
Rappresentano dunque un valido contributo per affrontare varie problematiche, siano esse relazionali, professionali o legate a malattie.
Spesso la nostra vita viene condizionata da destini e sentimenti che non sono veramente nostri.
In un modo inconscio, sentendo gli squilibri emotivi ed energetici, ci prendiamo sulle spalle i destini dei familiari precedenti, cercando così di riportare ordine, armonia e amore all’interno della famiglia.


Come si svolge una Costellazione Familiare

Durante un breve colloquio si prende atto dei fatti accaduti e dei membri coinvolti.
La persona sceglierà chi nel gruppo possa rappresentare i suoi congiunti, e chi se stessa. Attraverso una serie di azioni scioglierà i nodi e gli intrecci e potrà sentirsi al posto giusto nella famiglia.
Successivamente potrà liberare una grande energia e forza per vivere a pieno la propria vita.


Barbara Navala Jansch

Conduce Costellazioni Familiari in Italia e Germania dal 1998. Si è specializzata con Sneh Schnabel e Bertold Ulsamer, ha partecipato a corsi di perfezionamento con Bert Hellinger. Nel 2002 ha ricevuto da Bert Hellinger il consenso di fondare l’Istituto Bert Hellinger Bologna; tiene seminari, corsi di formazione e supervisione in costellazioni familiari. Naturopata, Maestra di PNL, ha studiato Psicologia alla Freie Universitatet di Berlino e segue un suo percorso spirituale da oltre trent’anni.

.

.

lunedì 21 aprile 2008

Seminario residenziale a Bologna

.


STORIA FAMILIARE E CENTRI EMOZIONALI
Seminario residenziale

sabato 10 e venerdì 11 maggio

Lavacchiello di Bisano, comune di Monterenzio
provincia di Bologna

condotto da Carlangelo Furletti




.

mercoledì 2 aprile 2008

Seminario residenziale di Carlangelo Furletti a Rimini


L'Enneagramma applicato alle dinamiche familiari


L'associazione Gestalt Rimini presenta il suo primo seminario residenziale con lo psicoterapeuta Carlangelo Furletti.

Il seminario comincia alle 15.30 di venerdì 18 aprile, per continuare tutta la giornata di sabato 19 e la giornata di domenica 20 presso l'agriturismo Il pomo reale, a 15 km da Rimini.

L'antica conoscenza dell'Enneagramma ci aiuta a trovare la nostra autenticità essenziale, liberarci dalle abitudini comportamentali attraverso l'osservazione di sé e il contatto empatico con l'altro.

L'Enneagramma è anche un codice con cui riconoscere e leggere le dinamiche familiari, in che modo ci hanno condizionato e se ancora ne siamo influenzati.

sabato 29 marzo 2008

Se il nonno dà i numeri...

A un mese dall’evento ‘Dottore, se il nonno dà i numeri io cosa faccio?’ continuiamo a dare i numeri: quasi duecentocinquanta persone hanno assistito alle due serate e, al momento, abbiamo una cinquantina di richieste dei dvd con la registrazione degli interventi!
A noi resta la grande soddisfazione di aver colpito nel segno e soprattutto che ci fosse qualcosa di più da dire sulle malattie degenerative e soprattutto sul modo di affrontarle.
Importantissimo è stato il confronto nato dal dibattito avvenuto nella seconda parte dell’ultima serata, quando è stata data la possibilità di dialogo fra gli intervenuti e i relatori. E’ stato un dibattito fruttuoso, un confronto di comuni esperienze fra chi assiste e cerca un aiuto per il proprio malato e uno sfogo nella condivisione.
Il momento più intenso è stato toccato quando la relatrice Barbara Navala Jansch, esperta in Costellazioni Familiari, ha sollevato il problema del senso di colpa e di come sia necessario, quando un famigliare viene colpito dalla degenerazione cognitiva, rispettare il ruolo di chi è genitore e di chi è figlio. Confondere i ruoli e diventare genitori di chi ci ha generato – sostiene Jansch – porta squilibrio e malessere in tutto l’ambito familiare. Onorare i nostri anziani non può prescindere dall’osservare anche il nostro ruolo di figli e non può esimerci dalla responsabilità del nostro disegno di vita.
La reazione del pubblico non si è fatta attendere: all’uditore che ha obiettato questa tesi, rivendicando il dovere fino al sacrificio di sé, si è opposta la voce emozionata di una signora che ha assistito prima la madre e poi il padre per lunghi anni, annullando se stessa e proprio per questo entrando in grave conflitto con gli altri membri della famiglia.
Siamo convinti che sia, questo, un discorso da continuare proprio come è cominciato in queste due sere: sulla traccia dell’emozione, del guardarsi dentro ma anche riconoscersi nell’altro, nel rispetto dei vari momenti della vita e dei reciproci destini.

lunedì 24 marzo 2008

Per cosa combatte il Tibet

ENZO BIANCHI (da La Stampa, 20.03.2008)

[...]Credo che i monaci e i civili tibetani non si ribellano nella vana speranza che il mondo occidentale metta da parte i propri interessi mercantili e obblighi la Cina ad alcunché: ben conoscono, per averli sperimentati a più riprese, la nostra attitudine ai silenzi complici, il nostro gridare sterili condanne di principio, il nostro imbarazzato calcolo di opportunità e commerci, la nostra capacità di voltare la testa dall'altra parte, il nostro desiderio che lo spettacolo, anche olimpico, continui. No, si ribellano per affermare - costi quel che costi, al di là di ogni ragionevole speranza - che ci sono principi per cui vale la pena vivere e morire, si rivoltano per ribadire che esiste «qualcosa per cui vivere, abbastanza grande per cui morire», manifestano per un'esigenza intima di giustizia, di affermare e compiere ciò che è giusto, a prescindere dalla possibilità effettiva di ottenere la giustizia invocata. In questo senso il monachesimo è un fenomeno emblematico: i monaci del Tibet, come quelli birmani, come i bonzi del Vietnam, come i monaci cristiani in Algeria o in Iraq, sono uomini impegnati in una disciplina che tende all'umanizzazione di tutti attraverso la rinuncia al potere, al possesso, alla violenza, e perciò sono uomini che lottano ogni giorno per disarmare se stessi, per far tacere la propria aggressività e così indicare a tutti ciò che parrebbe utopico, senza luogo di realizzazione, ma che invece è possibile, anche se mondanamente non vincente. Sì, i veri monaci sono quasi sempre umiliati, a volte perseguitati ma, anche se obbligati a tacere, gridano con il loro silenzio la verità, una verità a servizio dell'uomo. Ed è in questa prospettiva che mi paiono drammaticamente preoccupanti le notizie sulle violenze compiute non tanto dai monaci - infatti, nonostante la meticolosa cernita delle immagini compiuta dalla televisione di Stato cinese per imputare esclusivamente ai tibetani le violenze, l'unico gesto violento di cui è co-protagonista un monaco è l'abbattimento di una porta a calci - quanto da giovani tibetani nei giorni scorsi. Temo sia una crepa pericolosa nella cultura tibetana della nonviolenza, un sintomo di una certa presa che la violenza quotidianamente istillata in maniera più o meno esplicita comincia ad avere anche in un popolo a essa fondamentalmente alieno. Non ci è lecito giudicare dall'alto del nostro distacco fisico, emotivo e personale il comportamento di alcuni, relativamente pochissimi, manifestanti, ma dobbiamo temere il possibile degenerare della «forza» della nonviolenza in azioni violente: sarebbe davvero un tragico salto di qualità del «genocidio culturale» denunciato dal Dalai Lama. Estremamente significativo in questo senso l'atteggiamento che sta tenendo il Dalai Lama in questi giorni: reiterata domanda di dialogo, riaffermazione della volontà di autonomia e non di indipendenza, nessun boicottaggio delle Olimpiadi e perfino disponibilità a dimettersi se la situazione dovesse finire fuori controllo: la verità della pace non può accettare di farsi servire dalla violenza. Sì, l'uccisione della diversità ostinata di una cultura di pace è quanto anche i tibetani temono ancor più della morte fisica.
_
Leggi l'articolo completo qui.
Oppure qui.

domenica 9 marzo 2008

Pubblichiamo la mail di Lucia Biondelli

9 marzo 2008
Cari tutti, vi mando per conoscenza (e perché la diffondiate il più possibile) la traduzione di una dichiarazione rilasciata da Husam Hamdouna, direttore dell’associazione Remedial Education Centre (REC) di Jabalia (Striscia di Gaza) - che lavora/è partner di EducAid dal 2002 - in seguito all’occupazione da parte delle forze militari israeliane della sede principale dell’associazione (situata nell’area Zemo, nel Nord della Striscia di Gaza), un edificio che ospita scuola, asilo, uffici amministrativi, magazzino e garage.
Le forze armate israeliane hanno utilizzato l’edificio come base militare durante gli attacchi portati in quell’area per contrastare il lancio di razzi da parte della resistenza palestinese verso il territorio israeliano.
Nel corso dell’occupazione sono stati danneggiati arredi, attrezzature, computer e mezzi di trasporto. L’occupazione è avvenuta nel corso di una vasta operazione militare che si è protratta per alcuni giorni e ha prodotto più di cento vittime tra la popolazione di Gaza.
Lucia Biondelli
P.S. Husam Hamdouna è anche il fratello maggiore di Yousef, l’educatore palestinese che sta facendo il tirocinio al Ceis [Centro Educativo Italo-Svizzero, NdE] dal febbraio 2007. Ci sentiamo ancor più coinvolti perché conosciamo bene lo stile di lavoro del R.E.C e conosciamo alcune delle persone che vi lavorano con passione e grande intelligenza, come potete vedere dal comunicato sotto riportato.
Referente: Alessandro Latini EducAid Onlus Via Vezia 2 - Rimini 0541/28022
___________________________________________________________
Questa è la “fotografia” dettagliata della situazione della sede del R.E.C. ora che le forze armate israeliane si sono ritirate dall’area come descritta da Husam Hamdouna:
1. Il 1 Marzo 2008 le forze militari israeliane hanno fatto ingresso nella sede dell’associazione sfondando con la forza tutti gli ingressi e le porte interne dell’edificio.
2. L’esercito israeliano ha utilizzato la sede dell’associazione come base militare per gestire le proprie operazioni nell’area; utilizzando tale sede hanno ucciso 2 cittadini.
3. Le truppe israeliane hanno causato gravi danni all’associazione, distruggendo arredi, attrezzature, documentazione.
4. Una parte delle attrezzature, incluso il computer principale che conteneva la documentazione dell’intero lavoro dell’associazione, è stata rubata, insieme alla somma di 185 shekel (pari a circa 33 euro, NdT) e a 2 passaporti di proprietà di impiegati dell’associazione
5. I militari israeliani hanno lasciato 2 messaggi scritti sulle lavagne delle classi della scuola. Il primo recita “we are very sorry” (“siamo molto spiacenti”), il secondo “hello kids we are very sorry for this mess” (“salve bambini siamo molto spiacenti per questo caos/casino/confusione/bordello”)
I due messaggi chiariscono che i militari sapevano bene che si tratta di un luogo dedicato ai bambini; nonostante questo hanno operato gravi distruzioni.
Da parte nostra ci chiediamo quale sia il motivo di una tale devastazione, dato che si suppone che l’esercito israeliano sia intervenuto nell’area per fermare il lancio di razzi.
Facciamo notare che nel corso delle ultime operazioni 124 persone sono state uccise e 250 ferite, di cui solamente 11 appartenenti alla resistenza armata palestinese e il resto civili. Vale la pena ricordare che persino le infrastrutture dell’area sono state distrutte: rete idrica, rete elettrica, rete telefonica.
Ci chiediamo come sia giustificabile tutto questo.
Non voglio qui soffermarmi a lungo sui danni inflitti da questa operazione all’area di Zemo, dato che esiste un comitato formato dall’associazione che ha il compito di fare una valutazione precisa dei danni, in particolar modo di quelli subiti dalla nostra sede. Voglio richiamare invece la vostra attenzione sul danno maggiore che l’associazione ha subito.
Mi riferisco al messaggio che l’associazione rappresenta attraverso il proprio orientamento pedagogico a favore dell’infanzia: non sosteniamo la violenza, incoraggiamo il dialogo, adottiamo un approccio educativo che promuove i principi dell’amore, della pace, della giustizia, dell’uguaglianza, della democrazia e dei diritti umani.
Sappiamo bene quanto questo sia difficile nell’attuale circolo di violenza in cui ci troviamo a vivere, eppure crediamo che sia possibile.
Crediamo che quando tra due parti si scatenano la guerra e la violenza, dovrebbero vigere leggi e tradizioni da rispettare, che garantiscano la protezione dei civili e delle loro proprietà.
I gravi danni inflitti dall’esercito israeliano alla nostra associazione veicola un messaggio chiaro che poggia sull’accettazione dell’odio reciproco e della legge del più forte.
Questo messaggio è in contrasto con quanto noi insegniamo ogni giorno ai nostri bambini e questa contraddizione ci colpisce e ci indebolisce di fronte ai nostri bambini e di fronte alla nostra comunità.
Per superare questa difficoltà tenteremo con determinazione e responsabilità di tener saldi la nostra motivazione e i nostri sentimenti, alla ricerca della soluzione migliore per i nostri bambini.
Ad esempio abbiamo preso la decisione di non portare i bambini a visitare il centro dove aveva sede il loro asilo, poiché non vogliamo che vedano la devastazione che ha subito, non vogliamo che vedano i loro disegni e i loro giocattoli distrutti. Si tratterebbe di un’ulteriore esperienza negativa che andrebbe a sommarsi a quelle che già ricevono tramite i mezzi di comunicazione.
Crediamo che l’esperienza di vedere i propri giocattoli e i propri disegni distrutti da qualcuno possa generare un sentimento d’odio difficile da contrastare.
Per questo motivo abbiamo deciso di continuare il nostro lavoro con i bambini utilizzando i locali di un altro asilo della zona, giustificando ai bambini questa scelta con la serie di visite ad altri asili, che era già in parte prevista nel programma di questo mese, col fine di incoraggiare le relazioni di amicizia e di buon vicinato nella comunità.
Abbiamo stabilito una serie di incontri con le famiglie dei bambini, per spiegare loro le ragioni di questo cambiamento e il suo significato educativo. Siamo convinti del nostro messaggio e vorremmo che le famiglie adottassero un atteggiamento simile attraverso piccole scelte, che proteggano i loro figli dalle esperienze negative e dalle sofferenze che gli adulti stanno vivendo.
Sappiamo quanto questo sia difficile ma crediamo di non avere alternative al fare la nostra parte per contrastare il circolo della violenza.
Ringraziamo tutti i soggetti locali e internazionali che aiutano l’associazione a portare avanti il proprio messaggio di umanità; nei prossimi giorni produrremo un rapporto dettagliato dei danni subiti dall’associazione, oltre a una valutazione dei bisogni dell’associazione in relazione alle attività da realizzare con i bambini e con le famiglie in questo periodo.
Ci auguriamo che da parte locale e internazionale sia fatta pressione sul governo israeliano per tenere la società civile fuori da ogni tipo di scontro armato, e ci auguriamo altresì di vedere presto una conclusione delle violenze, che contempli il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese nella cornice del diritto internazionale.
Husam Hamdouna
Direttore del Remedial Education Centre - Gaza

venerdì 29 febbraio 2008

Articolo pubblicato su Il Ponte, 2 marzo 2008, n.9

Se il nonno dà i numeri cosa faccio?
29 febbraio 2008

: La Comunità di San Raffaele interviene sulle demenze senili e chiede un centro diurno per gli anziani. Una terapia non solo farmacologica


Un centro diurno, nell’ambito del quartiere, per l’assistenza agli anziani ed in particolare per quelli affetti da demenza senile. Questa è la richiesta rivolta dalla Comunità parrocchiale di San Raffaele Arcangelo alla Giunta Provinciale. È stata espressa durante l’incontro sul tema “Il deterioramento cognitivo degli anziani, dal curare al prendersi cura".Erano presenti, in qualità di relatori, il professor Silvio Costantini, direttore U.O. Geriatria dell’Ospedale Infermi, il dottor Stefano De Carolis e il dottor Alessandro Margiotta del CEDem (Centro Esperto Demenze) di Rimini oltre ad un numeroso pubblico, prova che l’argomento è d’indubbia attualità.
L’iniziativa si è svolta, giovedì 21 febbraio, Presso la sala Marvelli nella sede della Provincia di Rimini, grazie alla collaborazione tra la Parrocchia di San Raffaele Arcangelo, promotrice dell’iniziativa, e l’Associazione Culturale Gestalt, con il sostegno del consigliere provinciale, con delega alle Pari Opportunità, Leonina Grossi, e il patrocinio della Circoscrizione 4.
Continua così il dialogo, avviato lo scorso anno, con i familiari che assistono anziani affetti da demenza senile o dal morbo di Alzheimer, e le famiglie dove già si avvertono segnali preoccupanti. S’intende, inoltre, offrire un’informazione utile a tutti considerando che nel futuro in tante case ci si possa ritrovare ad affrontare il problema.
Più anziani meno giovani
“La problematica nasce dall’aumento numerico degli anziani- evidenzia il professor Costantini -.
È un evento epocale che ha modificato l’assetto dei Paesi industrializzati e si può rilevare, soprattutto, nella classe degli ultraottantenni che sono aumentati di otto volte negli ultimi settant’anni.I centenari anche a Rimini sono più di cento. Li incontriamo in Geriatria dove solitamente sono ricoverati e li conosciamo quasi tutti, ma anche in molti altri reparti si verifica la presenza di un alto numero di anziani.A parte l’aspetto numerico del fenomeno è da considerare la sua complessità, ossia gli anziani si portano dietro diverse patologie, il 22% almeno tre. Questo comporta una straordinaria fragilità e una certa dipendenza. Più sono avanti con gli anni e più hanno bisogno d’aiuto. Si verifica, quindi, una ‘epidemia’ di disautonomia che riguarda la terza età ed è resa più critica da un altro evento di tipo demografico determinato dalla decrescita dei giovani, persone che potrebbero farsi carico degli anziani. Il problema anziani è un ’icerberg’ la cui parte più allarmante è rappresentata dalle persone affette da demenza, le situazioni più gravi che mettono in crisi la famiglia ”.
Che cos’è la demenza
Cosa s’intende per “demenza” e quando si manifesta?
“È una compromissione delle funzioni corticali superiori del cervello che interessa soprattutto la memoria. La diminuzione delle capacità superiori cerebrali, inoltre, comporta una perdita nella gestione della vita quotidiana. Anche la sfera emotiva è compromessa, così la persona non riesce a mantenere un rapporto ambientale sufficientemente adeguato.Non esiste un’unica demenza, ma una famiglia molto vasta di esse. La maggior parte dei pazienti che ha una patologia degenerativa del cervello è affetta dalla malattia di Alzheimer (60%). Esistono comunque ‘demenze’ che se individuate precocemente sono reversibili, tipo l’ipotiroidismo, la carenza di vitamina B12…”.
A Rimini 3.000 casi
In Italia sono oltre mezzo milione le persone affette da demenza. In Emilia Romagna ci sono più di 50.000 casi e nella Provincia di Rimini sono più di 3.000. Qual è il vostro intervento come geriatri?
Noi focalizziamo l’attenzione sulla persona, non sulla malattia, sulla sua storia fisica, sociale… ed è molto importante sapere se l’anziano vive solo o ha qualcuno che lo accudisce (il caregiver), questo fa la differenza: da ’curare’ a ’prendersi cura’. Interveniamo progressivamente con provvedimenti di vario tipo, pianificati con i familiari, perchè la persona stia il meglio possibile e insegnamo ad invecchiare meglio (diete, movimento fisico, ’attività mentale’, diagnosi precoci…). Ricordiamo, inoltre, che la geriatria è aperta, alla visita dei parenti, 24 ore al giorno perché non è possibile curare gli anziani se non c’è la famiglia”.
Dignosi e cura della demenza
Come avviene la diagnosi e la cura della demenza?
“Nel primo approccio con il paziente si valuta attentamente la storia clinica, si controllano le funzioni cognitive, l’esame fisico e neurologico, ma soprattutto lo stato funzionale (se è ancora autonomo) del paziente e lo stato di depressione fra i sintomi non cognitivi -spiega il dottor De Carolis -. Successivamente si cerca di determinare (TAC, risonanza magnetica…) qual è il tipo di demenza e la sua gravità. Quindi si passa alla terapia che è il risultato di diversi interventi (persona, ambiente, approcci non farmacologici) e solo, in ultima analisi, all’uso delle medicine”.
Curare non solo con le medicine
Terapie della valorizzazione e del sollievo.
Quali sono le strategie non farmacologiche?
“Partiamo, innanzitutto, dal concetto che esercitando una funzione essa si rafforza. Se poi l’ambiente è adeguato alle capacità residue del paziente si hanno dei miglioramenti dal punto di vista comportamentale (irritabilità, aggressività…) - evidenzia il dottor Margiotta. Gli interventi non farmacologici, quindi, non hanno come obiettivo solo la condizione cognitiva, ma tutti gli aspetti alterati: disturbi comportamentali, stato emotivo-affettivo, stato funzionale e benessere dei pazienti e dei familiari. Ad esempio la ‘terapia della valorizzazione’ mette al centro la persona, il suo vissuto e il suo disagio, fornisce al paziente gli strumenti per provare benessere e offre la presenza qualcuno che è in grado di comprendere le sue difficoltà quando è in un ambiente che non riesce più a capire. Esso prevede un contatto diretto tra il terapista e il paziente che deve essere compreso e non giudicato. Esiste anche la ‘terapia del sollievo’ indirizzata ai familiari dei pazienti affetti da demenza. Essa ha lo scopo di alleviare i familiari dal peso assistenziale ed è organizzata in diversi modi (centri diurni, periodi d’istituzionalizzazione, supporto domiciliare). Anche chi è vicino al malato (coniuge, figli…) ha bisogno di essere sorretto per superare lo stress, perché, come è scritto in un vecchio libro, chi cura un paziente con demenza non lo cura per ventiquattro ore, ma per trentasei”.
Francesco Perez

martedì 5 febbraio 2008

Dottore, il nonno dà i numeri e io cosa faccio?

Giovedì 21 e giovedì 28 febbraio 2008, alle ore 21 presso la sala Marvelli in Provincia, la comunità di San Raffaele invita a riflettere su demenze senili e malattia di Alzheimer, con i medici geriatri del CEDEM di Rimini, il dott. Ennio Masciello, esperto di omeopatia, la naturopata Barbara Navala Jansch, fondatrice dell’Istituto Bert Hellinger Bologna, l'operatore della relazione d'aiuto Riccardo Bardoni e il delegato regionale per la Pastorale della Salute Don Francesco Scimè.
L'evento è in collaborazione con la Provincia di Rimini, la consigliera provinciale di Parità Leonina Grossi e l'associazione culturale Gestalt Rimini.
E’ importante conoscere le cure, ma anche sapere come parlare al malato, come trattarlo, come attrezzare la casa, come organizzare la vita di famiglia, come e da chi farsi aiutare, come difendere la nostra salute.

Edith Stein scrive: “Il mondo dello spirito non è meno reale né meno conoscibile del mondo naturale. Poiché l’uomo appartiene a tutti e due i regni, la storia dell’umanità li deve prendere ambedue in considerazione.” (L’empatia, Francoangeli 2002).
Partendo da questa idea, che suggerisce una visione completa della persona umana in rapporto costante tra corpo e spirito, ci sembra importante chiederci qual è il modo di affrontare la malattia anche da un punto di vista psichico e spirituale.
Conduce Riccardo Rossi, operatore dello sportello ascolto Anziani al telefono, presso la Parrocchia di San Raffaele e presidente dell'associazione Gestalt Rimini.

sabato 2 febbraio 2008

Enneagramma o l'arte dell'essere

SECONDO LABORATORIO DI EDUCAZIONE ALLA FLUIDITÀ EMOTIVA
.
Il laboratorio Enneagramma o l’arte dell’essere realizzato da Gestalt Rimini in collaborazione col Centro Giovani Rimini5 e le Politiche giovanili del Comune di Rimini ha ottenuto un forte interesse: per accontentare le numerose richieste di iscrizione, grazie alla presidenza della IV Circoscrizione di Rimini sarà avviata una seconda serie di incontri in contemporanea a partire da martedì 12 febbraio 2008 alle ore 21.00, per altrettante dodici serate.
L’Enneagramma della personalità è uno degli strumenti preferiti dalla psicologia della Gestalt, poiché attraverso il suo metodo viene portata alla luce la vera potenzialità dell’individuo che si mette nella libera disposizione di viaggiare alla scoperta di se stesso, verso un’evoluzione spirituale che permetta di svincolarsi da comportamenti, idee e paure che allontanano dall’autenticità dell’essere.
Le origini dell’Enneagramma sono piuttosto misteriose: le prime tracce compaiono in Medio Oriente intorno al 2000 avanti Cristo, quando gli dei Egizi del Medio Regno erano racchiusi in forme composte di nove parti (Enneadi). Georges Ivanoviç Gurdjieff, nel suo romanzo autobiografico “Incontri con uomini straordinari”, afferma di essersi imbattuto nell’Enneagramma all’interno della Confraternita di Sarmoun nel corso dei suoi numerosi viaggi in Medio Oriente. P. D. Ouspensky, discepolo di Gurdjieff, filosofo e studioso russo, lo definì “geroglifico fondamentale di un linguaggio universale che ha molti possibili significati, perché ci sono persone a stadi differenti”. Quello che conosciamo ed utilizziamo oggi è quella parte della teoria dell’Enneagramma che si applica allo studio della personalità, scaturita dalla scuola dello psicologo cileno Oscar Ichazo e dai suoi allievi. Primo fra tutti lo psicologo della Gestalt Claudio Naranjo, che ha compiuto un importante lavoro di relazione tra l’Enneagramma e le più moderne teorie scientifiche della psicologia.Tale insegnamento è un percorso che ci mostra come l’uomo, normalmente attaccato a forme di comportamento o idee, possa arrivare a superare il senso di vuoto e di non conoscenza dell’essere riavvicinandosi alla propria reale autenticità. Secondo Gurdjieff è lo strumento col quale riuniamo in un unico Io sovrano tutti gli Io che ci governano quotidianamente.
Il laboratorio di educazione alla fluidità emotiva tiene conto di tali insegnamenti e si serve dell’approccio della Gestalt per indagare e comprendere meglio il modo con cui ci relazioniamo con le nostre emozioni e quelle degli altri.
E’ rivolto a tutti coloro che svolgono professioni di servizio a prevalente contatto sociale, come insegnanti, medici, infermieri, assistenti sociali, consulenti in relazione d’aiuto e per chiunque sia alla ricerca di una autenticità delle relazioni, per puro nutrimento personale e spirituale.La durata del laboratorio è di dodici incontri serali che si svolgeranno da martedì 12 febbraio 2008, alle ore 21, presso la Sala Consiliare della Circoscrizione 4 di Rimini.
Conduce Riccardo Rossi, con la gentile collaborazione di Simona Matteini. E’ obbligatoria la prenotazione e l’iscrizione all’associazione Gestalt Rimini.
.
info@gestaltrimini.it
mobile: 3490078906