giovedì 24 luglio 2008

La figura del Gestalt Counselor



La professione del Counseling, pur se ancora poco conosciuta, si sta rapidamente diffondendo anche nel nostro Paese. Esiste una piccola diatriba tra i counselor di formazione universitaria in psicologia e i counselor provenienti da una formazione universitaria differente. I primi ritengono di poter essere counselor con le sole competenze derivanti dalla loro formazione in psicologia, gli altri specificano che sono due professionalità distinte e ben definite che hanno simili metodologie ma diversi obiettivi. In questo articolo si va ad analizzare la percezione, la formazione, la modalità e la metodologia della professione del counselor.


Il Counseling è in crescente espansione anche in Italia ma, ancora oggi, la percezione che si ha di questa professione è alquanto confusa e viene spesso sovrapposta alla figura dello psicologo. Troviamo riscontri differenti sulla percezione del counseling anche tra gli stessi counselor a seconda che questi abbiano o meno una formazione di origine in psicologia. In generale la formazione del counselor avviene attraverso la frequentazione di una specifica scuola che abbia una durata di 3 anni e di 450 ore. Il programma da seguire deve essere suddiviso in parti teoriche, pratiche, di tirocinio, e di supervisione.


Il counselor psicologo tende a sostenere che la sua formazione universitaria sia sufficientemente completa per potergli dare le competenze ed esercitare la professione del counseling. Al massimo può apprendere una metodologia particolare in un'apposita scuola. Molti auspicano che la professione di counselor venga riservata esclusivamente allo psicologo. I counselor non provenienti da una laurea in psicologia tendono, invece, a specificare che il ruolo del counselor, a differenza di quello dello psicologo, non mira a ridurre la relazione di aiuto nella sequenza diagnosi-terapia-guarigione ma piuttosto accompagna il cliente, offrendo lui degli strumenti professionali adeguati, nel suo cammino verso una maggiore consapevolezza e verso una soluzione al problema. Quella del counselor, è una professione ben definita che fa riferimento a metodologie, ricerche e teorie ben precise; ancora molto giovane nel nostro paese ma in forte via di sviluppo.


Per aiutare ad avere delle informazioni che possano rendere più chiara la percezione di questa nuova figura professionale, mi permetto di spendere qualche pagina cercando di spiegare come e dove nasce il counseling, qual è la sua idea e la sua modalità di intervento, dando particolare risalto alla metodologia della Gestalt.
Il counseling nasce nel vortice delle nuove correnti di psicologia umanistica e lavora all'interno della relazione umana che si stabilisce tra il cliente e il counselor, usando la relazione stessa come mezzo terapeutico; per questo motivo il counseling viene altrimenti definito "relazione di aiuto".


Il counseling lavora alla costruzione di alternativi schemi di pensiero all'interno della relazione umana e fornendo al cliente mezzi e risorse per trovare numerose possibilità di soluzione ai problemi, mira a far leva sulle sue risorse interiori per affrontare "una difficoltà circoscritta della sua esistenza" trovando insieme il modo di superarla. "Una difficoltà circoscritta della sua esistenza" sta ad indicare che il counseling si occupa di problematiche che rimangono entro la sfera della normalità e non di disturbi psicopatologici. Il counseling lavora in direzione del raggiungimento dell'obiettivo stabilito assieme al cliente senza andare a cercare le diverse strutture e sovrastrutture della personalità.


La Gestalt è una metodologia che nasce nel 1947 per voce di F. S. Perls e lavora sul funzionamento omeostatico dell'essere umano in relazione ai bisogni biologici, sociali ed emotivi. Quando un bisogno viene soddisfatto, subito ne nasce un altro in cerca di appagamento. Nel momento in cui questo ciclo viene ad interrompersi nascono delle problematiche.

Perls, considerato il padre fondatore della metodologia gestaltica, parte dal presupposto che il disagio esposto dal cliente in sede di relazione di aiuto, rappresenta il segno di una difficoltà del vivere una specificità, propria dell'essere umano. L'uomo è costantemente spinto in una tensione dialettica che risponde a diversi bisogni: biologici, psicologici e sociali. Perls apprende da Goldstein i fondamenti dell'integrità organismica del comportamento individuale e del suo impulso verso l'auto-realizzazione, indipendentemente da quanto l'organismo possa sembrare danneggiato.


L'attività principale dell'uomo risponde al bisogno di dare una concretezza alle proprie percezioni, alle proprie esperienze e alla propria esistenza. L'essere umano, come qualsiasi organismo, si muove costantemente all'interno di una tensione per un equilibrio omeostatico: un'intera vita caratterizzata dal riequilibramento dello squilibrio. La difficoltà dell'organismo, quindi dell'uomo, sta nel sapersi autoregolare costantemente a fronte di sempre nuovi squilibri e stimoli sconosciuti. L'autoregolazione avviene attraverso un meccanismo omeostatico denominato di figura-sfondo, meccanismo nel quale continuamente emerge in figura una necessità che mette il resto sullo sfondo, trova la soluzione e porta in figura altre necessità da affrontare.


Ripercorrendo il ciclo di vita gestaltico del bisogno emerso è possibile mettere in luce il punto di rottura sul quale intervenire. Il ciclo di vita gestaltico si muove all'interno di due polarità che sono quelle che permettono il meccanismo di figura-sfondo e quindi di autoregolazione dell'omeostasi: il contatto e il ritiro. Il contatto è il momento in cui si prende effettivamente coscienza della propria esigenza, da là si parte per giungere ad un superamento della stessa e tornare al punto zero, ovvero al vuoto gestaltico, momento di attesa dell'emergere in figura di una nuova necessità: il ritiro, momento in cui si è disponibili verso il cambiamento.


La polarizzazione contatto pieno/vuoto non va considerata negativa o positiva, il metodo gestaltico vuole valutare e non giudicare, la dicotomia è necessaria al fine dell'esistenza: che cos'è il buio? Per descriverlo dobbiamo passare attraverso l'esperienza del giorno, due facce della stessa medaglia, se non conosci l'una non puoi comprendere l'altra. La capacità di valutare senza giudicare passa, necessariamente, per l'accettazione della presenza di molteplici Io nella personalità di ciascuno di noi. Riconoscere i diversi Io che ci accompagnano, significa avere a disposizione diverse risorse per fronteggiare gli ostacoli che quotidianamente incontriamo nel nostro percorso di vita.


Gli stereotipi sociali sono spesso la causa primaria del nostro passaggio al patologico. La forte esigenza della società di avere dei cittadini-sudditi che si rispecchino in essa, soddisfacendo le sue aspettative invece che le proprie, crea i disturbi di personalità in quanto non più riconosciuta e creativa ma reattiva alle esigenze esterne. La gestalt propone di lavorare al fine di evitare la massificazione degli individui e concorrere piuttosto ad una integrazione delle parti. Per raggiungere questa integrazione occorre una maturazione dell'individuo che passa necessariamente dallo sviluppo e dall'affinamento della consapevolezza, delle proprie emozioni, pensieri, sensazioni, desideri dal confronto con l'ambiente circostante.


L'altro fronte su cui lavora la metodologia gestaltica è il qui-ed-ora, ovvero il mettere costantemente l'accento sul presente, fatto di ricordi passati e di speranze future ma pur sempre presente. A questo fine i disagi, o problemi, che il cliente presenta nell'incontro di counseling, pur se provenienti da traumi passati, vengono presi in considerazione solo rispetto al loro interferire con la situazione presente del cliente. Durante il counseling, dunque, al cliente viene richiesto di prestare attenzione e prendere consapevolezza di se stesso (gesti, emozioni, reazioni, pensieri etc...) nel qui-ed-ora.

Questo abitare il presente permette al cliente di allontanarsi dalle idealizzazioni, rimuginazioni e ossessività del passato, permettendo al counselor di lavorare sulle reali possibilità presenti del cliente, di mettere a fuoco la problematica e di portare in luce le personali risorse del cliente. La dietrologia, ovvero la ricerca nel passato di un perché, di qualcosa o di un qualcuno da accusare e responsabilizzare, sono considerate attività inutili alla fine del cambiamento.


Il percorso passa attraverso la consapevolezza di sé, l'accettazione dei pregi e difetti che ci appartengono e il riconoscimento di noi stessi per quello che siamo, esulando dalla mitizzazione dei vari Io che la società ci prospetta e che vorrebbe scegliessimo e aderissimo identificandoci nelle aspettative sociali piuttosto che rispondendo a noi stessi: il marito perfetto, la moglie ideale, lo studente modello, lo zio che tutti vorrebbero etc...

Maschere che ci impediscono di affrontare il rischio di essere noi stessi. Il rischio è quello dell'insuccesso e dell'infelicità; per proteggersi da questi dolorosi inconvenienti, c'è una forte tendenza umana al non prendersi la responsabilità della propria vita e, quindi, ad allontanarsi da se stessi, dalle proprie emozioni, dai propri desideri con la terribile aspettativa che chi ci circonda sia pronto a condividere questa passione verso la massificazione.


Il counselor lavora all'interno della relazione umana che si stabilisce tra lui e il cliente utilizzando la relazione stessa come mezzo di crescita, la stessa viene vista come possibilità per il cliente di superare le proprie dinamiche, affinché la relazione sia realmente una possibilità per il cliente, il counselor deve viverla onestamente condividendo anche il proprio esserci.


La Figura del Gestalt Counselor Metodologia e Professionalità al Servizio della Relazione Umana. Firenze: PsicoLAB